All'inizio degli anni '30, Oronzio De Nora ha già prodotto più di cento impianti. Dopo il successo degli impianti per la produzione di ipoclorito di sodio, cloruri di vario genere e biossido di manganese, si stanno affermando due nuovi processi per l'elettrolisi dell’acqua e del cloruro di sodio realizzato con celle a catodo di mercurio. Dall’elettrolisi dell'acqua si produce ossigeno e idrogeno. Con l'idrogeno, gas leggero, si gonfiano i palloni aerostatici, con l'ossigeno si realizzano soprattutto saldature con fiamma ossiacetilenica oppure con fiamma prodotta dalla combustione diretta con l'idrogeno. Negli anni che precedono la Seconda guerra mondiale, si sviluppa anche il processo di produzione cloro-soda, inizialmente realizzato con celle a catodo di mercurio. Questi primi tentativi diventeranno nell'immediato dopoguerra il cuore dell'attività di Oronzio De Nora. Il cloro da un lato e la soda caustica dall'altro diventeranno gli elementi base di intere filiere produttive capaci di generare una molteplicità di impieghi, dalla detergenza alla bonifica, dalla realizzazione di materie plastiche alla produzione di alluminio. Dal dopoguerra in poi, l'indice di produzione e di consumo di cloro e di soda caustica sarà considerato il termine di riferimento per stabilire il livello di industrializzazione di un paese.
La nascita degli anodi DSA®
Terminata la guerra, Oronzio De Nora è pronto a sperimentare la sua prima cella per la produzione cloro-soda. ll prototipo viene installato presso la Cartiera di Tolmezzo del Gruppo Pirelli ed ha un'alimentazione di 3000 Ampere. L'inizio di tutto avviene quasi per caso, quando Oronzio De Nora si reca negli stabilimenti di una fabbrica di Lodi per ispezionare un impianto che non funziona a dovere e che dà luogo a frequenti esplosioni. Oronzio individua il problema e nel definire la soluzione ha modo di sperimentare una variante costruttiva, sostituendo al classico e ingombrante decompositore orizzontale un decompositore verticale che lascia circolare i reagenti controcorrente e permette l’ispezione delle celle anche dal basso. La soluzione si rivela subito un'importante innovazione e comincia ad essere applicata stabilmente sia negli impianti De Nora sia in quelli della concorrenza.
Occorre ora una nuova sede, più grande e funzionale di quella di via Arquà. Oronzio De Nora decide di utilizzare il vecchio stabilimento come magazzino e avvia la costruzione di una nuova fabbrica in via Bistolfi. Nella nuova sede ci sarà finalmente spazio per un grande ed efficiente laboratorio di ricerca, e poi uffici, officine e magazzini. Occorre anche perfezionare ulteriormente la cella a catodo di mercurio. Oronzio De Nora si concentra sull’utilizzo di nuovi materiali e introduce un particolare piano catodico di scorrimento del mercurio realizzato con lastre di granito levigato al posto del tradizionale calcestruzzo. La nuova cella a catodo di mercurio De Nora si completa poi con un coperchio in gomma vulcanizzata molto leggero e flessibile, che consente la regolazione automatica della posizione degli anodi rispetto a quella del catodo, ottimizzando il sistema e permettendo notevoli risparmi di energia. Dall'inizio degli anni '50 fino alla metà degli anni '70, gli impianti con celle a catodo di mercurio De Nora si diffondono con eccezionale rapidità, risultando sempre i più affidabili ed efficaci. In quel periodo, il 40% della produzione mondiale di cloro è realizzato con tecnologie De Nora che pulsano al centro di impianti di grandi dimensioni in Giappone, in America, in Asia e in Europa.
Il team guidato da Oronzio De Nora sta lavorando a fondo su una serie di innovazioni che potrebbero rivoluzionare l’intero processo cloro-soda. Per essere governate con profitto, le reazioni elettrolitiche devono essere inquadrate all'interno di almeno quattro parametri fondamentali: quanta energia consumano, quali velocità di reazione possono produrre, quale grado di purezza presentano i prodotti finali e, infine, quanto costano. Ogni reazione chimica, per avvenire, ha bisogno di un supplemento di energia rispetto a quella richiesta dal modello teorico. Minimizzare le resistenze passive che determinano questa ulteriore richiesta di energia, e quindi di costi, è uno dei compiti della ricerca. Attraverso l’analisi di laboratorio si può anche incidere sulle velocità di reazione e sulla qualità dei prodotti finali, evitando i costi direttamente o indirettamente derivati dalla presenza di materiali di scarto da eliminare. Per superare i problemi legati alla fragilità ed al consumo degli anodi di grafite, abitualmente impiegati nelle celle cloro-soda industriali, nella mente di Oronzio De Nora prende corpo l’idea di sperimentare un anodo di metallo non deteriorabile, capace di funzionare con basse tensioni elettriche, minimizzando le energie passive e permettendo il transito di altissime quantità di corrente. Il nuovo anodo dovrebbe quindi essere in grado di sviluppare maggiori velocità di reazione senza generare prodotti collaterali parassiti; dovrebbe inoltre essere facilmente realizzabile e riciclabile, avere prezzi contenuti e ovviamente durare molto a lungo.
Dal 1958 al 1965, il Gruppo De Nora e la Diamond Shamrock di Painesville, nell’Ohio, sviluppano un programma congiunto di ricerca per tentare di avvicinare il più possibile questi ambiziosi obiettivi. Gli studi si indirizzano inizialmente sul titanio come materiale ideale per la realizzazione dei nuovi anodi metallici. Esistevano già numerose ricerche che mettevano in evidenza come nell’elettrolita tipico del processo cloro-soda, il titanio si immunizzasse ai fenomeni di corrosione diventando addirittura un elemento inerte, tale da non permettere il passaggio di corrente. Il team di Oronzio De Nora lavora sull’applicazione di un sottile film di platino o di leghe platino-iridio a strutture anodiche di titanio, con l’obiettivo di utilizzare contemporaneamente le capacità del titanio di conservarsi inalterato e quelle del platino e delle sue leghe di stabilizzare il passaggio di correnti anche elevate. Questi anodi danno buoni risultati in termini di efficacia delle reazioni ma risultano troppo costosi, nonostante il platino e le sue leghe siano utilizzati in quantità molto ridotte.
A un certo punto, Oronzio e suo fratello Vittorio De Nora scoprono in Olanda, in un paesino al confine con il Belgio, un piccolo laboratorio di ricerca costituito da due soci che per diversi motivi stanno lavorando sulle stesse problematiche. Henri Beer, uno dei due soci, lavora a tempo pieno come tecnico e finanziatore del piccolo studio. Nel corso dei loro esperimenti, condotti su titanio rivestito con vari tipi di metalli del gruppo del platino, i due soci finiscono per ottenere un rivestimento bruno e compatto che si presenta stabile se utilizzato come anodo nell'elettrolisi cloro-soda, in grado di permettere il passaggio di corrente di elevata intensità e completamente inattaccabile dai fenomeni della corrosione. Il laboratorio di ricerca De Nora lo analizza e dopo una serie di complesse analisi chimiche e strutturali scopre che si tratta di biossido di rutenio. Per ottenere quel materiale, i due ingegnosi e fortunati ricercatori olandesi avevano utilizzato una miscela di rutenio e di una particolare resina impiegata dai pescatori locali per proteggere gli scafi dei pescherecci dalla salsedine del Mare del Nord. La reazione dei due componenti aveva generato un composto del rutenio, noto come resinato. La miscela finale era stata applicata come vernice su titanio con un trattamento termico finale in presenza di aria. È durante questa fase finale che il resinato di rutenio viene decomposto con formazione, ad insaputa degli inventori, di biossido di rutenio che si rivela uno straordinario catalizzatore di reazioni elettrochimiche.
Con un'intensa attività di ricerca, il team guidato da Oronzio De Nora scopre che è possibile ottenere un ossido complesso contenente biossido di titanio e biossido di rutenio facendo decomporre termicamente una vernice contenente contemporaneamente composti di entrambi gli elementi. L’ossido complesso, grazie alla componente di biossido di titanio, risulta altamente compatibile con le basi di titanio, alle quali si ancora in modo eccezionale. D’altra parte, l’attività catalitica per le reazioni elettrochimiche tipiche del biossido di rutenio puro viene mantenuta praticamente inalterata anche dall’ossido complesso. Gli anodi metallici di titanio, dotati del particolare rivestimento messo a punto da De Nora e protetti dal marchio registrato internazionalmente DSA®, fanno compiere all’azienda un prodigioso salto di qualità e rivoluzionano gli standard fino a quel momento conosciuti nella produzione del cloro-soda.
Oronzio De Nora dà ancora una volta mandato al fratello di presentare il nuovo prodotto oltre frontiera. Vittorio parte alla conquista del mondo: prima tappa il Giappone, il regno del cloro-soda. In soli sei mesi, i De Nora mettono insieme sette importanti commesse che raddoppieranno la produzione complessiva di cloro-soda dell’intero Giappone. A fronte di questo successo viene fondata la società Permelec SpA, dedicata alla realizzazione e commercializzazione degli anodi DSA®. La rivoluzione tecnologica che gli anodi DSA® De Nora hanno scatenato nel mondo dell’elettrochimica si accompagna ad una geniale intuizione commerciale. La Permelec costruisce infatti gli anodi DSA®, ma non li vende ai propri clienti; al contrario li cede in leasing dietro il pagamento di un canone di affitto da corrispondere per ogni tonnellata di cloro prodotta. Questo innovativo approccio alla vendita permette di avvicinare molti nuovi clienti e vincere le iniziali perplessità rispetto ai sorprendenti risultati sperimentali. Accade da un lato che i clienti si sentano rassicurati dal fatto di non dover acquistare gli anodi, ma solo di affittarli per poi restituirli senza ulteriori spese, dall’altro che attorno agli anodi De Nora cominci a formarsi un'aura di nobiltà che li caratterizzerà per molti decenni. Gli anodi di grafite erano semplici componenti delle celle, i DSA® ne sono diventati il cuore: elementi indispensabili ed insostituibili nei moderni impianti di produzione cloro-soda.